Quirino Ruggeri (Fabriano 25 marzo 1883 - Roma 12 giugno 1955)
Dopo un lungo periodo trascorso in America, dove lavora come sarto, nel 1920 torna in Italia e scopre la vocazione artistica, quella vocazione inattesa che gli fece ricominciare a quarant’anni la vita con le ansie, gli entusiasmi, le speranze di un ragazzo. Per due anni è nello studio di Arturo Dazzi a Roma, per poi continuare da autodidatta. Ritorna per un anno e mezzo a Fabriano, poi rientra a Roma; sono anni molto difficili, di povertà. Frequenta assiduamente il gruppo degli “amici del caffè dell’Aragno” ed entra nel giro della rivista "Valori Plastici", dove si fa conoscere ed apprezzare, aderendo pienamente alla filosofia del gruppo, che ricerca nelle civiltà passate del ‘300/’400 italiano i motivi di riflessione per la creazione di un linguaggio in contrasto con le Avanguardie del primo Novecento. Intorno al 1927 comincia a dividere lo studio con il giovane conterraneo Edgardo Mannucci, con il quale instaura un rapporto di reciproca stima. Sin dalle sue prime sculture, Ruggeri dimostra una certa spontaneità compositiva; primitivismo barbarico, sincerità poetica ed essenzialità della forma caratterizzano la sua ricerca artistica.